Se non sai cosa visitare a Gravina di Puglia dai un’occhiata a questa pagina. Gravina ha una storia antichissima. Il primo insediamento risale all’età neolitica. Nei secoli la città è appartenuta a diverse popolazioni, che ne hanno cambiato più volte il nome, ma il suo caratteristico territorio, costituito dalle Gravine (delle spaccature nella roccia create nei secoli da flussi d’acqua), è rimasto immutato.
Se invece conosci già i luoghi più noti di Gravina e desideri sapere di più sul suo territorio, ti consiglio di visitare gli scavi di Vagnari, un villaggio di epoca romana distante 15 km dal centro abitato di Gravina.
Gli scavi archeologici di Vagnari sono stati condotti nel 2000 da Alastair e Carola Small dell’Università di Edimburgo, e si trovano tra Gravina in Puglia (conosciuta anche come Gravina di Puglia) e Poggiorsini, in una valle nei pressi del fiume Basentello.
La parte più orientale della Puglia era abitata dai Peuceti. Il loro territorio disponeva di molte ricchezze, dal VI secolo a.C. era un’entità politica indipendente e culturalmente importante. L’insediamento più grande e determinante era Sidion, sul colle Botromagno, a circa 13 km a est di Vagnari.
Quando nel III secolo a.C. la Puglia venne conquistata dall’impero romano, Sidion divenne Silvium e venne collegata a Roma attraverso la Via Appia.
Nel I secolo d.C. l’intera area rurale di Vagnari venne acquisita dall’imperatore romano. Questo insediamento (vicus), di circa 3,5 ettari, diviso da un burrone, era un centro economico interessante, in cui si lavoravano l’argilla e i metalli.
Il villaggio era il nucleo economico e amministrativo della tenuta, si trovava sul versante settentrionale del burrone; sul versante sud, invece, c’era un cimitero.
Sul sito sono stati ritrovati resti di un edificio (identificato come Edificio Nord) del II-III secolo d.C., che aveva una lunghezza di circa 25 metri. Nella parte centrale di questo stesso edificio sono state rinvenute anche tracce di lavorazione di ferro e di piombo.
Nell’agosto del 2015 è stata fatta un’importante scoperta: un complesso in pietra del II secolo d.C. composto da una serie di stanze che portano a una cella vinaria, un deposito utilizzato anche per la fermentazione del vino. In questa area sono state rinvenute grandi vasche circolari intonacate, inserite nel pavimento.
In queste vasche venivano collocati dei grandi contenitori di ceramica (dolium defossum), in grado di conservare ognuno 1000 litri di vino. Questo tipo di conservazione permetteva, in una zona come quella di Vagnari, dove le temperature climatiche sono elevate, di tenere il vino fresco e a una temperatura costante.
Maureen Carroll, professoressa di Archeologia Romana all’Università di Sheffield e direttrice degli scavi di Vagnari dal 2012, afferma che non si è ancora riuscito a capire quanti operai e specialisti siano stati impiegati nella lavorazione dei vigneti e nella produzione di vino.
Inoltre, non si sa ancora per certo se il vino venisse prodotto per il consumo dell’Imperatore o per essere venduto. Tuttavia, la seconda ipotesi pare la più probabile, dato che la funzione della tenuta era quella di generare profitto per Roma.
In una delle tre dolia rinvenute nell’edificio è stata fatta una scoperta sorprendente: sono stati trovati due scheletri umani, forse vittime di un crimine, scaricate frettolosamente dai propri assassini in uno di questi contenitori.
In ogni caso, i dolia non erano più in uso quando i due corpi sono stati depositati all’interno di una di esse, dato che, insieme ai resti umani, si trovavano, mescolati nel recipiente, terra, tegole rotte e frammenti del dolio.
Se desideri maggiori informazioni sul ritrovamento dell’edificio di produzione di vino a Vagnari, leggi l’articolo della professoressa Maureen Carroll su Pasthorizonspr.com.
Sul sito ufficiale dell’Università di Sheffield è possibile scaricare i rapporti preliminari degli anni in cui sono stati realizzati gli scavi. Per comodità, riporto qui i link per scaricarli: